21/12/2021 San Pietro in Casale - La padrina. Un appuntamento di Pomeriggi al cinema
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- 21/12/2021 San Pietro in Casale - La padrina. Un appuntamento di Pomeriggi al cinema
- 2021-12-21T14:30:00+01:00
- 2021-12-21T16:00:00+01:00
- Cosa Cultura
- Quando 21/12/2021 dalle 14:30 alle 16:00
- Dove San Pietro in Casale - Cinema Parrocchiale Italia
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Pomeriggi al cinema - VI Stagione Cinema Parrocchiale Italia di San Pietro in Casale
La padrina
Regia di Jean-Paul Salomé
Con Isabelle Huppert, Hippolyte Girardot, Farida Ouchani, Liliane Rovère, Iris Bry.
Genere drammatico - Francia, 2021
Regia di Jean-Paul Salomé
Con Isabelle Huppert, Hippolyte Girardot, Farida Ouchani, Liliane Rovère, Iris Bry.
Genere drammatico - Francia, 2021
Durata 106’
Ingresso per le persone pensionate 3,00
Il reparto antidroga della polizia di Parigi indaga con zelo sulle partite di hashish che entrano nella capitale, e per farlo si affida a atience, abilissima a intercettare le comunicazioni in arabo dei trafficanti. Cresciuta in giro per il mondo grazie alla madre Patience soffre la noia e la fatica. Quando un giorno riconosce la voce della badante della madre in una delle intercettazioni, si adopera istintivamente per aiutare il figlio della donna. La partita di droga … beh, non spoileriamo, non riveliamo il seguito.
Raro esempio di equilibrismo tra i generi capace di tenere un passo morbido e delicato, il film si destreggia tra la commedia e il policier senza essere né l’uno né l’altro. Da godere l’ennesima interpretazione di livello di un mostro sacro del cinema di oggi qual è Isabelle Huppert.
Il cittadino modello che decide di reinventarsi fuorilegge produce una tensione sempre uguale: da un lato occorre necessariamente dissacrare le strutture del poliziesco perché il personaggio ne è una presa in giro vivente; dall’altro c’è bisogno che la sua ascesa abbia un’anima seria per legittimarla.
Il film è tratto da un romanzo di Hannelore Cayre che cura anche la sceneggiatura. Tutto bacia e combacia, nella storia di Patience che non vuole aspettare e magari finire come la sua mamma e tornare sulla barca con il papà. Rime interne di scrittura che si fanno eco ritmato, tra arguti dialoghi da camera e anche, effettivamente, complesse sequenze di scambi, spionaggi e inseguimenti. La Parigi descritta é una riappropriazione dello spazio borghese, dal supermercato al cinema. Huppert la percorre senza mai inciampare, nonostante si trascini dietro un cane poliziotto adottato, valigie piene di droga e un travestimento da misteriosa signora araba.
La chiamano “la daronne”, da cui il titolo dell’originale, sospira un giorno il buon Philippe, compagno di vita possibile e uomo di legge integerrimo che non sa più che pesci pigliare. Ma è l’ennesima etichetta che a Patience non sta bene: non di donna anziana, piuttosto di una madre o una signora distinta, di certo qualcuno sopra i trent’anni. Definizioni troppo generiche per qualcuno che si è scoperto genio criminale più come ricerca di identità che per reale bisogno economico.
Formidabile e sfuggente, la padrina sfrutta le ambiguità della traduzione per creare nuovi personaggi e realtà alternative, mettendosi in tasca il tragitto emozionale tra le lingue di partenza e di arrivo. Così facendo diventa non soltanto esso stesso un riuscito esempio di traduzione tra i generi cinematografici, ma un elemento di un discorso aperto nella filmografia recente di Isabelle Huppert, incastrandosi alla perfezione tra una variegata galleria di donne.
Immagino che il tutto non vi sia molto chiaro. Avete una possibilità: venite a vedere il film!
Raro esempio di equilibrismo tra i generi capace di tenere un passo morbido e delicato, il film si destreggia tra la commedia e il policier senza essere né l’uno né l’altro. Da godere l’ennesima interpretazione di livello di un mostro sacro del cinema di oggi qual è Isabelle Huppert.
Il cittadino modello che decide di reinventarsi fuorilegge produce una tensione sempre uguale: da un lato occorre necessariamente dissacrare le strutture del poliziesco perché il personaggio ne è una presa in giro vivente; dall’altro c’è bisogno che la sua ascesa abbia un’anima seria per legittimarla.
Il film è tratto da un romanzo di Hannelore Cayre che cura anche la sceneggiatura. Tutto bacia e combacia, nella storia di Patience che non vuole aspettare e magari finire come la sua mamma e tornare sulla barca con il papà. Rime interne di scrittura che si fanno eco ritmato, tra arguti dialoghi da camera e anche, effettivamente, complesse sequenze di scambi, spionaggi e inseguimenti. La Parigi descritta é una riappropriazione dello spazio borghese, dal supermercato al cinema. Huppert la percorre senza mai inciampare, nonostante si trascini dietro un cane poliziotto adottato, valigie piene di droga e un travestimento da misteriosa signora araba.
La chiamano “la daronne”, da cui il titolo dell’originale, sospira un giorno il buon Philippe, compagno di vita possibile e uomo di legge integerrimo che non sa più che pesci pigliare. Ma è l’ennesima etichetta che a Patience non sta bene: non di donna anziana, piuttosto di una madre o una signora distinta, di certo qualcuno sopra i trent’anni. Definizioni troppo generiche per qualcuno che si è scoperto genio criminale più come ricerca di identità che per reale bisogno economico.
Formidabile e sfuggente, la padrina sfrutta le ambiguità della traduzione per creare nuovi personaggi e realtà alternative, mettendosi in tasca il tragitto emozionale tra le lingue di partenza e di arrivo. Così facendo diventa non soltanto esso stesso un riuscito esempio di traduzione tra i generi cinematografici, ma un elemento di un discorso aperto nella filmografia recente di Isabelle Huppert, incastrandosi alla perfezione tra una variegata galleria di donne.
Immagino che il tutto non vi sia molto chiaro. Avete una possibilità: venite a vedere il film!